di Giuseppe Curonici
La pittura di Fabrizio Soldini è del genere di un espressionismo esplosivo; indica un’energia che sta lavorando a cercare le forme nelle quali deve o può o potrà configurarsi. Quali energie? Passionalità, impulso emotivo. Ma con quali contenuti? Grande entusiasmo e grande paura, ossia speranza e spaventi, incertezze; blu notte e rosso di fuoco e fiamme.
Fabrizio Soldini è nato a Mendrisio nel 1957. Dopo le scuole magistrali si è iscritto all’Accademia di Brera, dove si è diplomato in pittura nel 1985, presentando la tesi «Il gesto: protagonista nell’Espressionismo astratto o Action-painting». Altre esperienze notevoli: l’insegnamento, le letture di poeti, di testi dell’esistenzialismo, la frequentazione di altri pittori, alcuni viaggi di studio: Montréal – Toronto – New York – Washington. «Rimango letteralmente a bocca aperta davanti all’imponente forza vitale che emanano i grandi quadri di Jackson Pollock». Nello stesso tempo si interessa di musica jazz, per motivi analoghi: «mi suggerisce l’idea dell’improvvisazione, del ritmo, della libertà di espressione». Si avvicina alla pittura tedesca, anglosassone, e compie altri viaggi, per vedere gente e musei: nel 1984 di nuovo in America, poi in Spagna (dove conosce, al Prado, i grandi fiamminghi). In questo panorama storico-geografico-culturale troviamo più d’uno dei motivi che interessano a Fabrizio Soldini. Tra l’altro appare una tipica bipolarità o dualità dialettica: ritmo, libertà; che è come dire: misura (il ritmo è misura, scansione nel tempo o nello spazio) e non-misura, informalità, impulsività, quella cosa che a prima vista e assai facilmente si usa denominare «irrazionale».
Ma questi sono contenuti emozionali o ideologici, non ancora pittorici. Dobbiamo chiederci in che maniera diventano pittura, ossia immagine definita sulla tela. Propongo di individuare tre tipologie. Pur nelle tre categorie, i dipinti sono accomunati dalla stessa base ideologica che è quella detta ora; da un medesimo modo di gestire la stesura materiale del colore, che è la pennellata ampia, lunga e veloce intrecciata con le altre pennellate circostanti; e dalla concezione del colore: un tono principale nel fondo, con variazioni marcate di chiaro e scuro, su cui può a volte campeggiare con violento contrasto un «personaggio» animato da colore opposto. Alcuni dipinti presentano direttamente e senz’altro i caratteri ora indicati. L’effetto finale è quello di un movimento a onde strappanti, a grosse pulsazioni, dinamico-oscuro, con lacerazioni ed emergenze. Altri offrono una composizione con un doppio spazio. L’assieme spaccato da uno scatto di profili geometrici, da lunghi perimetri. Di là, un buio compatto, silenzioso e forse glaciale. Di qua, un formicolare di luci e colori, forme, movimenti: supponiamo che il mondo terrestre sia un colossale flipper, e che il congegno-contenitore sia scagliato o lasciato vagare nello spazio, alla deriva.
Un terzo tipo di opere ci offre una figura articolata ondeggiante e luminosamente mostruosa (scarlatta, ad esempio) su fondo magmatico. Un’aragosta da incubo, resa attraente dal brillante colore, poi nuovamente resa ansiogena dall’incredibile quantità di tentacoli e unghie, dagli occhi piccoli e intenti sparpagliati dappertutto. Come una variante moderna del volto pietrificante dell’antica Medusa. La circostanza più singolare però è lo scambio tra negativo e positivo, tra fondo blu e personaggio scarlatto. I tentacoli terminano con occhi e file di denti affilatissimi. Nell’intervallo fra i tentacoli si vede estendersi il fondo blu. Senonchè, questi meandri blu non sono un vuoto, ma da negativo diventano positivo, prendono anche loro una piena configurazione di personaggi, posseggono occhi, denti aguzzi! L’immagine assume un aspetto di gioco tragico, si popola. Ma quali presenze? Individui determinati? Pare di no; è un tutto, un’estensione continua che in vari punti si concentra o condensa o assume configurazioni che solo per un breve tratto conclusivo assumono parvenze individuate. Le forze fondamentali si presentano come collettive e generali. Forze della natura o della società? O semplicemente intersoggettive? È comunque stimolante l’idea di rimettere in discussione i confini dell’individualità, per rivederla, affermarla e relativizzarla; che è un modo di sollecitare la consapevolezza, attraverso la via inconscia-intuitiva dell’immagine.